Posts written by E_Greffulhe

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    Sono d'accordo con te che "Le fate ignoranti" e "La finestra di fronte" sono dei gran bei films...ma a me anche questo non è dispiaciuto e se devo essere sincera, devo ammettere che bello o non bello , alla fine non ha molta importanza, perchè in fondo "la grande bellezza" potrebbe stare nel fatto che l'italia abbia vinto un oscar, è questo cio' che conta :nonso:
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    E chi se lo ricorda :rolleyes: come vedi , il post è di 7 anni fa...trovato di sicuro in rete. Ma di piu' non so dirti.
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    Pare si tratti di una bufala che nel giro di pochi giorni è diventata virale... a me non sembrava così impossibile e tuttora non sono del tutto convinta che sia veramente così, perchè è risaputa l'esistenza di una rete di cunicoli dell’eta’ della pietra in Bavaria e tunnel preistorici sono stati trovati in tutta Europa, dalla Scozia alla Turchia.
    Vedremo dunque :rolleyes:
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    Ci credo ! :( mi spiace per te :( perchè loro non si pongono i problemi che si pongono le donne. Oggi la mia parrucchiera mi diceva : " gli uomini hanno due cervelli, ragionano però con quello lì " :O
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    Francesco Di Giacomo, cantante del Banco del Mutuo Soccorso, è morto oggi per le conseguenze di un grave incidente stradale a Zagarolo. Era la grande voce del progressive italiano, il simbolo di un'epoca aurea del rock italiano.
    Secondo le prime ricostruzioni il cantante, che viaggiava da solo, sarebbe stato colto da un malore che gli avrebbe fatto perdere il controllo dell'auto: dopo aver invaso l'altra corsia, la vettura si è schiantata su una Rover che viaggiava in senso opposto. Vana la corsa in ospedale.

    Nato a Siniscola, in provincia di Nuoro, nel 1947, Francesco Di Giacomo è stato uno dei più significativi rappresentanti della scena progressiva italiana. Fisico corpulento, barba e voce da tenore, fu contattato dal tastierista Vittorio Nocenzi durante il Festival Pop di Caracalla del 1971. Insieme al fratello di Vittorio, Gianni, al chitarrista Marcello Todaro,al bassista Renato D'Angelo e al batterista Pierluigi Calderoni fondò il Banco del Mutuo Soccorso, che fin dal primo, omonimo album, pubblicato nel 1972, stabilì i nuovi confini del pop italiano. Il disco, salutato da unanimi da parte della critica, divenne celebre anche per l'inedita copertina a forma di salvadanaio.

    Il Banco, insieme ad altri gruppi come la Premiata Forneria Marconi, gli Area e le Orme, contribuì in maniera decisiva a una delle rare stagioni in cui la scena rock italiana è riuscita a stare al passo con quella anglosassone. La voce di Di Giacomo, potente e ricca di sfumature, era il segno distintivo di una band che riuscì a imporsi anche all'estero, al punto di firmare un contratto con la Manticore, l'etichetta di Emerson, Lake & Palmer, e di partecipare come supporter al tour europeo dei Gentle Giant.

    Di Giacomo era anche l'autore di gran parte dei testi del gruppo: immaginifici, carichi di suggestione e assolutamente inediti, come il timbro della sua voce. I primi tre album del Banco ("Banco del Mutuo Soccorso" del 1972, "Darwin" dello stesso anno e "Io sono nato libero" del 1973) sono profondamente segnati dalla sua creatività. Le sue performance live erano lo specchio della sua personalità: potenti, oniriche, cariche dei suoi umori, a volte anche cupi. Ma proprio l'autenticità delle sue interpretazioni ha fatto di lui un antidivo senza epigoni, capace di creare uno stile canoro ineguagliabile e suggestivo.

    Di Giacomo ha sempre rifiutato qualsiasi forma di divismo: viveva in campagna e coltivava la sua passione per la cucina regionale, ma non ha mai abbandonato la musica.Negli ultimi anni, insieme al Banco, aveva ripreso una intensa attività live, accompagnata anche dalla ripubblicazione dei primi, storici album.

    Nella sua lunga carriera, Di Giacomo aveva anche recitato con Federico Fellini, prendendo parte a film celeberrimi "Satyricon", "Roma" e "Amarcord".

    fONTE DELLA NOTIZIA
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    Notizia di questi giorni è quella di una scoperta sensazionale fatta casualmente da un gruppo di operai che stavano effettuando una serie di carotaggi sul tratto autostradale che collega Villa San Giovanni a Scilla.
    Si tratterebbe di un vero e proprio tunnel sotterraneo riconducibile al periodo romano scoperto nello Stretto di Messina.

    Secondo i primi rilievi fatti da un team di archeologi e geologi incaricati dalla Sovraintendenza il tunnel, profondo 80 metri e lungo più di tre chilometri, dovrebbe collegare le due sponde dello Stretto. L'entrata si trova sotto la Torre Cavallo e l'uscita nelle vicinanze del Pilone a Messina. Dai primi rilevamenti al carbonio si può dire con certezze che è stato costruito nel periodo delle guerre puniche (264 - 241 a.C.) e sicuramente sarà servito come passaggio militare delle truppe romane verso la Sicilia. In seguito è stato usato come riparo dai fenomeni naturali e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Secondo gli esperti, questa rete di tunnel si estende in tutta la Sicilia, a partire da Messina fino a Sciacca.
    L’archeologo Marco Manti spiega, parlando al Daily Mail, che “Solo a Villa San Giovanni abbiamo trovato 700 metri di questa rete di tunnel sotterranei. A Ganzirri ne abbiamo trovati altri 350 metri.. Si tratta di cavità ampie solo 170 centimetri, appena sufficienti a permettere il passaggio di una persona. I tunnel sono intervallati da piccole camere di stoccaggio e posti a sedere”.
    Dopo la messa in sicurezza del tunnel, a giorni sarà organizzata una spedizione di speleologi che da Torre Cavallo arriverà fino a Ganzirri.


    Fonte della notizia
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    Le notti bianche (Romanzo sentimentale. Dalle memorie di un sognatore), titolo originale "Belye noči. Sentimental'ny roman" è un romanzo breve giovanile di Fëdor Dostoevskij, pubblicato per la prima volta nel 1848. L'opera prende il nome dal periodo dell'anno noto col nome di notti bianche, in cui nella Russia del nord, inclusa la zona di San Pietroburgo, il sole tramonta dopo le 22.

    LA TRAMA
    Un sognatore, isolato dalla realtà e da qualsiasi rapporto di amicizia, durante una sua passeggiata notturna incontra, sul lungo fiume, una ragazza che risveglia in lui il sentimento dell'amore. Lei si chiama Nasten'ka, è una diciassettenne e viene subito colpita dal carattere timido e impacciato di lui, tanto che si incontrano di nuovo la notte dopo. Il romanzo si svolge in quattro notti, durante i quali i due si aprono l'uno all'altra, il protagonista rivela tutto il suo distacco dalla realtà, e il suo mondo di fantasie, tetro e illusorio, mentre lei si sfoga sulla sua vita privata, ovvero che vive con una vecchia nonna e attaccata a lei con uno spillo, e che sta aspettando, da un anno ormai, il suo amore perduto, un inquilino della nonna che, dopo la sua rivelazione d'amore, le aveva chiesto un anno di attesa, data la povertà di lui, senza però prometterle nulla. Passato l'anno, Nasten'ka invia una lettera al coinquilino e fissa un incontro per la notte.........
    da wikipedia


    Un minuto intero di beatitudine! È forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?

    Edited by E_Greffulhe - 19/2/2014, 21:14
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    IL DESERTO DEI TARTARI

    Ne Il deserto dei tartari, attraverso metafore, analogie, sottili processi allusivi ed evocativi, è raccontato lo scorrere dei giorni e la vita - non vita di Giovanni Drogo alla Fortezza Bastiani, dall'arrivo, appena ventunenne, fino a...........
    BELLISSIMO!!!



    “A poco a poco la fiducia si affievoliva. Difficile è credere in una cosa quando si è soli, e non se ne può parlare con alcuno. Proprio in quel tempo Drogo si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangano sempre lontani; che se uno soffre, il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su si sé una minima parte; ce se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l’amore è grande, e questo provoca la solitudine nella vita.”

    Edited by E_Greffulhe - 17/3/2014, 23:06
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    GRAZIE FRANCESCA AKIRA :nonso:
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    Mi sono imbattuta per caso in questa lettera pubblicata su Facebook..è molto bella, va condivisa, un inno alla vita, alla donna, all'amore, è di Andrea Melis.


    Le parole non nascono per caso. I nomi non nascono per caso.

    Attendere. Quanto sono profonde le cose lo capisci solo quando ti manca il fiato.

    Come trascorrere nove mesi ad attendere tua figlia. Dolce attesa. Anche quando è amara. Piena di preoccupazioni, paure, ostacoli, sfide. E' dolce l'arrivo, ma questo lo capisci solo quando lo raggiungi. E' dolce guardare quell'esserino che ti sembra impossibile sia stato davvero per nove mesi dentro quella pancia, e che ha rappresentato il punto di domanda più grande della tua vita.

    E poi ti ritrovi con la risposta tra le mani: ricordo il respiro che ti allargava il petto, fragile e invincibile allo stesso tempo, come la vita, Matilde.

    I tuoi polmoni che si gonfiavano come un palloncino pronto a scoppiare. Eri nata da un minuto e piangevi con una bolla di saliva in bocca, Matilde.

    Quando ti ho cantato la canzoncina che io e tua madre ti sussurravamo attraverso la pancia, quel miracolo che tanti mi avevano descritto è accaduto davvero: hai smesso di piangere. E il mio cuore si è fermato. Qualcuno ha detto che non contano i respiri che fai nella vita, ma gli attimi in cui ti manca il fiato. Quanto fosse vera e meravigliosa qulla frase l'ho scoperta quel giorno: la profondità. Nove mesi passati a guardarti dentro. Un tempo interminabile per chi attende risposte dalla vita. Per chi fino al giorno prima sbuffava davanti a un semaforo rosso, per chi si spazientiva in fila alla cassa di un fast food, o allo sportello di una banca.

    Per chi è cresciuto in quest'epoca che brama la velocità delle connessioni, dei ritmi di vita, dei rapporti umani, nove mesi ad attendere sembravano un tempo irragionevole. Ma la natura si è arroccata, per fortuna, e si tiene stretta almeno la fortezza della vita, e chi se ne frega di tutto il resto. Le cose importanti richiedono tempo. Ecco la cosa che mi hai insegnato ancor prima di nascere: le cose belle meritano tempo.

    Nove mesi contro sette minuti. Quei sette minuti infiniti, quando il tuo cuore ha rallentato troppo, e fuori da quella pancia i medici correvano, c'era agitazione e il mio mondo ha rischiato di crollare. Sette minuti. Ho fatto tanti viaggi nella vita e tanti ancora mi auguro di farne. Ma nessun sarà lungo come quei due metri di corridoio che ho percorso avanti e indietro per chilometri mentre preparavano la sala operatoria.

    "Stiamo iniziando a operare. Appena la stiamo per tirare fuori ti facciamo entrare"

    Mai mi ero sentito un viaggiatore così solitario con dentro il cuore la paura di chi azzarda in un colpo solo di giocarsi tutto: la coppia di donne più belle e importanti della sua esistenza. Madre e figlia. Magari il rischio non era scientifico, per i dottori, ma cosa c'è di più vero delle paure nel nostro cuore? Poi finalmente mi hanno detto che potevo entrare. E mi hanno intimato di non guardare il campo operatorio.

    Me l'hanno raccomandato tutti. Mi rimbombava in testa. Non guardare mai lì. Ma io ho guardato. E' stata la cosa più tremenda della mia vita ma sono felice di averlo fatto. Perché altrimenti non avrei mai capito cosa vuol dire essere madre. Cosa vuol dire essere figlio. E quindi cosa vuol dire diventare padre. Cosa vuol dire la vita. L'ennesimo abisso che ho toccato in questa avventura, profondo tanto da togliere il fiato, era dentro il ventre aperto di mia moglie.

    Io che giravao la testa davanti a una ferita, e avevo paura di non riuscire a medicare nemmeno il cordone ombelicale, ho tenuto la mano di mia moglie per tutto il tempo, fino all'ultimo punto di sutura, e mi sono inginocchiato a baciarle quel braccio disteso e intubato come davanti a una Madonna in croce. Nove mesi e un istante: per capire che di così grande come la nascita non c'è nient'altro. Solo la morte. E così le due parentesi dell'esistenza per un attimo me le sono trovate accanto, con intorno tutta la scienza dell'uomo, secoli di studi e freddezza, bisturi e visi sconosciuti, e quando ci pensi l'indomani capisci che anche quello è uno dei tanti volti dell'amore, anche se il più truce.

    E poi vedere il trionfo della vita. Con alle spalle tutto quel sangue e quella paura, quando la tua piccola bocca si è poggiata sul seno di tua madre per la prima volta, e le vostre vite si sono intrecciate per sempre, con la leggerezza delle nuvole che si incontrano nel cielo. E il dubbio che io fossi nato al solo scopo di godere di quel momento è diventata una certezza.

    Attendere. Significa anche mantenere fede a una promessa, a un debito. Significa anche dedicarsi, applicarsi in qualcosa. Significa anche volgere l'attenzione, considerare. Fare daattendente. Per tutta la vita saremo genitori di Matilde che oggi ha tre anni ed è una piccola donna.

    Ora che la sua vitalità agita la casa e colora le nostre giornate, io vado due volte la settimana ad immergermi nel silenzio del mare, per non perdere il contatto con la profondità.

    Rilassati, dice il mio istruttore, pensa a cose belle.

    E io penso a mia figlia.

    Che l'altro giorno mi ha detto:

    "Papà tu sei uno "Strego"?"


    Uno strego non esiste, stavo per rispondere. Esistono solo le Streghe. Al massimo gli "Stregoni". Ma c'era qualcosa che non mi quadrava. Una bugia troppo grande si nascondeva in quel termine maschile, in quell'accrescitivo ingiusto. Un'aurea immeritata di magia e potenza protegge lo Stregone, mentre dietro alla parola Strega c'è solo bruttezza e malvagità. La strega uccide, lo stregone guarisce. Ecco come fin dalle favole ci imbattiamo ancora bambini in modelli culturali distorti e maschilisti. La verità, figlia mia, è che oggi ci sono e come gli Streghi. Anche troppi, che porgono mele avvelenate alle loro donne. Che uccidono, loro dicono per amore, ma l'amore è vita, è libertà.

    L'amore è accettare che le donne sono un dono che ci viene concesso, e che bisogna meritarsi.

    E quando non si è all'altezza dell'amore bisogna arrendersi alla loro libertà di scegliere, di abbandonare, di cambiare, di salvarsi, di troncare, di non appartenere, di non essere possedute. Perchè alle donne dobbiamo noi stessi. Nel loro grembo risiede la culla della vita, e dal loro ventre si snoda il cordone ombelicale di tutti noi. Non c'è uomo che non debba la propria vita a questo filo di sangue e nutrimento che lo lega a una donna. Non c'è violenza, anche solo verbale, contro una donna, che non sia irriconoscente e delittuosa verso questo legame ancestrale. Dovrebbero lasciarcelo per sempre un pezzetto di cordone ombelicale, per ricordarci da dove ci viene data la vita, prima di osare pensare che dall'universo femminile qualcosa ci sia dovuto oltre il fatto di essere vivi.

    E mi ritrovo a pensare che troppe vite di donne finiscono nel sangue, lo stesso sangue da cui la vita sgorga alla nascita. E mi manca il respiro. Ho fame d'aria, riemergo e mi aggrappo alla superficie del mare.

    - Come va?

    Mi chiede il mio istruttore.

    "Potrebbe andare meglio", vorrei dire, ma ascolto il suo consiglio: pensa alle cose belle.

    Penso a Matilde.

    Penso che i nomi non nascano per caso. E tu porti un nome che significa "forza, potenza" e "lotta, battaglia". Fallo in nome di tutte le donne, Matilde, lotta con amore.

    Io da uomo, prima che da padre, sarò sempre al tuo fianco.


    Andrea Melis è uno scrittore del collettivo Mama Sabot
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    Adesso lo sai Asd
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    Riportiamo su questo post :) mi pare il momento adatto :ahhaha:
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    LA LUNA di G. Rosana ~ Sebastiano Monieri Editore

    Se viene chiesto ad un bambino di inventare una fiaba parlerà di personaggi e fatti del c’era una volta, legati-slegati da tanti e poi…e poi … e poi. Peppe Rosana vuole afferrare la narrazione del bambino così come La luna.
    Poi di tanto in tanto da buon adulto la trasforma nel sogno racchiuso nella nube polverosa della valigia che ciascuno di noi si porta appresso.
    E nel sogno si materializzano personaggi come ombre, reali e virtuali che parlano della loro vita, rimpianti, desideri, sempre accompagnati da un narratore onnisciente, che dalla buca del suggeritore esprime opinioni, commenta, racconta il non detto dal personaggio, il senso della morale, i temi sociali come la solitudine e il valore delle scelte.
    Ma anche il narratore non si accontenta del suo ruolo di suggeritore.
    Diventa un cantastorie che richiama e incanta il popolo col suo linguaggio semplice e immediato, con parole che includono i gesti, trasformano i fonemi in sonoro e il cantastorie in sapiente, amico di una umanità di perdenti che non sa pronunciare la parola - domani -
    Clochards, vagabondi, con radici lontane e storie estreme che attraversano le nebbie del racconto fiabesco così come della vita, per acquisire identità o restare marionette.
    L’attore che si sviluppa nel silenzio degli altri, ora dà voce al suo pubblico che impara a raccontare e a raccontarsi, a vivere della sua morte.
    Apologia dell’attore - la scelta, del teatro - la storia - della vita - l’emozione - della morte - il sogno - Apologia dei simboli, gli archetipi, la piazza, la valigia, il viaggio, la luna: apologia dell’essere.
    Infine, il narratore - cantastorie ingurgita tutto in un appassionato monologo, anche i suoi eroi per diventare egli stesso un personaggio e vivere una vita propria invitando il lettore ad aprire la sua valigia magari sfruttata, magari sporca…


    Corrada Spataro
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    Il Libro potete trovarlo in tutte le librerie on line.

    A Siracusa : Casa del Libro Mascali , Via Maestranza

    A Noto : Libreria Liber Liber , c.so V. Emanuele e........naturalmente anche sul

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