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Mariannina Coffa Caruso
Figura interessante e poco conosciuta della letteratura al femminile .
Mariannina Coffa Caruso, detta "la capinera di Noto", poetessa, nata a Noto (Siracusa) nel 1841 e morta a 36 anni, fu una bambina sensitiva e precocemente ispirata che il padre, noto avvocato e patriota, impegnato nella rivoluzione del 1848, si compiaceva di fare esibire nei salotti e nelle accademie con le sue poesie improvvisate su temi dettati estemporaneamente. Dopo qualche anno di collegio in cui imparò versificazione e un po’ di francese, le fu messo accanto come precettore un canonico zelante allo scopo di istruirla e disciplinare insieme gli slanci del carattere e dell’estro. A 14 anni, cominciò a prendere lezioni di piano dal 25enne Ascenso Maceri, diplomato al Conservatorio di Napoli, vicino all’ambiente del Ministro Matteo Raeli e autore di drammi storici che saranno rappresentati alla Fenice di Venezia. Dopo un breve fidanzamento ufficiale con il bell’Ascenso, la famiglia le impose di sposare, a 18 anni, un ricco proprietario terriero di Ragusa, tal Giorgio Morana, che la recluderà nella casa del padre, un vecchio e rozzo despota, il quale le impedirà persino di scrivere, ritenendo che "lo scrivere rende le donne disoneste" ("Lettera di Mariannina ad Ascenso", Ragusa 17-I-1870). Sarà perciò costretta a scrivere le sue poesie di notte, nella sua camera da letto, alla flebile luce di una candela. Intanto, tra gravidanze e cura dei figli e della casa, intreccerà una relazione epistolare con l’orgoglioso fidanzato di un tempo, che non le perdonerà mai, però, la supina resa al volere dei genitori, e sarà costretta a vivere una vita sdoppiata, iscrivendosi nascostamente ad associazioni ed accademie italiane e straniere e pubblicando per riviste nazionali. L’amicizia con un dotto medico siciliano, Giuseppe Migneco, omeopata e magnetista, famoso per le efficaci cure prestate in occasione delle epidemie di colera, ma più volte esiliato per "esercizio di arte diabolica" e "spiritismo", la introdurrà ai metodi del sonnambulismo e agli arcani del magnetismo animale o messmerismo, sistemi anatemizzati dal Papa e coltivati all’interno di élites massoniche democratiche. Saranno questi i sistemi, prodromi della successiva matura Psicanalisi, coi quali la poetessa cercherà di curare le malattie e i disagi del suo corpo e della sua psiche. Ne nascerà l’ultima straordinaria, purtroppo breve, stagione poetica, fitta di riferimenti simbolici al "gran concetto" e improntata alla "protesta metafisica", dopo la prima giovanile poesia patriottica di maniera e l’intermedia fase intimista. Prostrata dalle emorragie, abbandonerà la casa ragusana del suocero rifugiandosi a Noto, nella casa dei genitori, che non esiteranno a cacciarla via perché non ricada su di loro il disonore della separazione dal marito e dai figli, e finirà i suoi giorni tra la fame e gli stenti, assistita da un anziano medico omeopata: nessun familiare vorrà pagare le prestazioni di un chirurgo catanese il cui intervento avrebbe potuto probabilmente salvarle la vita. Ai solenni funerali a carico del Comune, che proclamò il lutto cittadino, nessuno della famiglia seguì il feretro, ma una folla di autorità e gente comune accorse a rendere omaggio alla "Saffo netina" che sfilava per l’ultima volta accompagnata dalle insegne solenni della Loggia Elorina.
Fonte : l'arabafelice.it
ALL'ANGELO DEI MIEI SOGNI
Perchè. diletto mio, la tua sembianza
soavemente mi sorride appresso?
Perchè, se il mio dolor non ha speranza,
Vivo pur sempre e mi consumo in esso?
Sai tu come il cor piange e t'adora
Sai tu quali dolci armonie m'infondi e ispiri?
E vuoi che io pianga e mi consumi ancora,
O me disdegni e il mio dolor non miri?
Pria che a me ti svelassi era sopita
In duol perenne la mia mente altera.
Vissi nel nulla e ritrovai la vita
Solo allor che dicesti:" Amami e spera!"
E il dì, che un lampo del tuo sguardo amato
Rifulse, Angelo caro, agli cchi miei,
L'alta armomnia compresi del creato
Maggior d'ogni mortale io mi credei
Quante notti sognando il tuo sorriso
I tuoi baci , il tuo sgardo, il tuo sembiante,
Le dolcezze gustai del paradiso
Gustai gli amplessi di un celeste amante.
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Sapphyr.
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Bella la poesia; aveva un animo delicato e dolce che traspare dalle righe del suo poema
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Direi proprio di sì.
Mi sono trovata per caso a leggere di lei, non avevo la piu' pallida idea della sua esistenza, non avevo mai sentito parlare , mi ha davvero colpita, così ho deciso di parlarne qui anche a voi.
5 settembre 1859
Ascenzio mio
Stanca del lungo e penoso viaggio, e travagliata da mille indicibili dolori, non ho altro conforto che ricordare gli ultimi istanti del nostro addio; istanti fatali la cui dolcezza fu sogno, e la memoria tormento. Io scrivo e piango…ora che niuno mi ascolta, ora che son libera di vagheggiarti nel silenzio della notte!…Ho tanto bisogno di piangere, e di aprirti il mio povero cuore. Oh! potessero almeno le lagrime rivelarti il secreto martirio dell’anima mia. Ascenzio! Comprendi tu la potenza di questo dolore che m’agita, che in pochi giorni ha consunto le mie vene, che mi ha tolto gran parte della vita?…Oh se al par di me senti questo bisogno di piangere e di amare…oh Ascenzio, non obliarmi, non tradire le mie speranze, il solo bene che mi lega all’avvenire. Noi saremo compagni nel dolore, comprenderemo appieno i misteri delle anime nostre, e i voti, i sogni, le rimembranze, saranno un’indistinta armonia che i nostri cuori ripeteranno tra loro. Oltre il tuo amore che chiedere alla terra se non credo ai suoi beni?…un deserto mi offrirebbe pur sempre l’immagine della patria mia, perché l’universo è tutto racchiuso nel tuo sguardo – che vale ogni altro contento?…io sentirò i tuoi dolori, sarò lieta del tuo sorriso; e quando un arcano desio ti sforzerà al pianto, oh allora noi piangeremo insieme; e quelle lagrime non contaminate dallo sguardo degli uomini, saranno una muta preghiera santificata dal silenzio e dall’amore così, paghi dell’oblio del mondo, vivremo nella solitudine dei nostri affetti. ………Si è ormai compreso che la mia vita è potentemente legata a questo terribile amore, che gli uomini non valgono ad estinguere; amore, non mai diviso, che o non compresa, o compianta, trarrò meco alla tomba!…
Edited by E_Greffulhe - 16/3/2011, 15:38. -
Maria Lucia.
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Salve!
Sto scrivendo proprio di Mariannina e sarei grata se qualcuno potesse aiutarmi a reperire materiale su di lei...
[email protected]. -
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Salve Maria Lucia, benarrivata fra noi.
Mi spiace ma io non saprei dirti di piu', come ho gia' scritto , è stato per caso che son venuta a conoscenza del nome di questa autrice che purtroppo sconoscevo.
Ma tu di dove sei? Hai provato a far delle ricerche a Noto? La città Natale di Mariannina Coffa.
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Ascenso.
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Io sarò Ascenso in uno spettacolo teatrale. ho scoperto una storia intrigante e appassionante. è giusto che si conosca . -
LaviniaLP.
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è vero, ma dove daranno questo spettacolo? . -
Ascenso.
User deleted
Lo abbiamo realizzato a Noto questa estate. è una figura che deve essere rivalutata. è uscito un bel libro scritto dal preside Fortuna su di lei. sarebbe il caso invece di ristampare quello che raccoglie le loro lettere . -
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POESIE DI MARIANNINA COFFA:
Si…vivrei per amarti, e ignota e oscura
Morir vorrei sull’adorato petto!
Credi,amor mio, d’un solo unico affetto
Arde quest’alma nella sua sventura.
Te m’offrivo in un punto arte e natura
Te maggior d’ogni nume e d’ogni obietto.
Ah tu nol sai, la mesta creatura
Vive straniera nell’estraneo letto!
Senza amor, senza luce e senza speme,
Fra le memorie mie chiuso il pensiero.
Dimmi: il duol che mi strugge è morte,o vita?
Vivo, e del vover suo l’anima geme,
Moro, e pace non ha la mia ferita…
e viva e morta ti vagheggio, e spero!
Che mi valse l’ingegno,il core e l’arte
Se te perdendo ogni Ciel perdei?
Se il nume che fu vita ai sogni miei
Mi condanna tacendo e si diparte?
Oh se vedrai queste dolenti carte
Che d’un alito ignoto accendi e bei
Saprai ch’ove sospiri,e piangi e sei
Ivi piange il mio core a parte a parte.
Saprai ch’io t’amo,ed è miracol novo
La vita mia….perchè son morta e vivo,
E là dove non sei non ritrovo!
Saprai,ch’ombra adorata,a me d’accanto
Ti riveggio pur sempre o sogno o scrivo
E più che il labro tuo trovo il tuo pianto.
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