IL MONTE MUSINE'

Torino

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  1. Sapphyr
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    A pochi chilometri da Torino sorgono due montagne, il Musinè e il Ciabergia, sulle quali sono stati trovati i resti di una misteriosa civiltà perduta nelle nebbie del tempo: c’è chi pensa a una cultura di esseri prediluviani dalle proporzioni enormi, forse i Giganti di tanti miti, e c’è chi invece sostiene che lì sarebbero discese dal cielo addirittura delle creature aliene, simili agli enigmatici “Mostri dalla Testa Rotonda” di cui sono state trovate antichissime raffigurazioni anche in Africa nel Tassilli…

    A circa 18 chilometri da Torino è ubicato il Monte Musinè, una delle più misteriose alture d’Italia dove, come nella landa devastata dal celebre racconto di H. P. Lovecraft, “Il colore venuto dal cielo”, nulla attecchisce, nulla riesce a crescere, nulla vive, tranne secchi cespugli invasi dalle vipere.
    Molte sono le leggende che aleggiano intorno al monte. La più famosa è quella secondo il quale Erode, il feroce re di Giudea, sarebbe stato condannato ad espiare i suoi crimini, sorvolando per l’eternità la tetra montagna rinchiuso in un carro di fuoco. E per questo non sono rare le notti in cui, lungo i pendii del Musinè, si accendono bagliori improvvisi. C’è chi dice che siano dei banalissimi lampi o fulmini globulari o fuochi fatui. Mentre gli appassionati di UFO hanno attribuito le luci ad astronavi extraterrestri che avrebbero impiantato addirittura una base segreta all’interno della montagna.
    Ci sarebbe anche una “grotta incantata” intorno alla quale si aggirerebbero lupi mannari, spettri che svaniscono nel fumo, urlando come anime dannate, sabbia, fuochi “magici” e la presenza di un tesoro sepolto.
    Gli studiosi Louis Charpentier e Mario Salomone vedono queste leggende come deformazioni di avvenimenti reali che rivelerebbero le tracce di un’antichissima civiltà il cui nome e la cui cultura si sono persi nella notte dei tempi e che riecheggia motivi propri di molte civiltà del globo.

    Secondo un’antica tradizione, ancora viva oggi, la “grotta incantata” sul monte Musinè è costantemente sorvegliata da un drago d’oro. Si narra che un giovane di nome Gualtiero sarebbe riuscito a penetrare nella grotta che, peraltro, era abitata da un mago. Quest’ultimo, vistosi scoperto, sarebbe poi fuggito su un carro di fuoco, facendo ritorno al suo rifugio, di tanto in tanto, per operare qualche incantesimo o magia, giusto per non perdere l’abitudine. Gli abitanti delle località vicine identificano l’astronave “ante litteram” con i globi di fuoco.


    Ma il drago e il “carro di fuoco” o, come lo indicano altri, la “sfera infuocata”, sono motivi presenti non solo nelle leggende ed in vecchie fiabe raccontate dagli anziani soprattutto per spaventare i bambini, ma anche nella cultura di altre civiltà. Nella mitologia cinese, ad esempio, si incontrano draghi avvampati di fuoco, oppure in alcune civiltà asiatiche, americane ed africane è il serpente a prendere il posto del drago: alato, piumato o stilizzato, rigido o a volute, simboleggia sempre l’infinito e spesso il volo. Molte volte appare accanto al segno solare. Ciò lo si vede anche sul Musinè dove è inciso vicino ad un sole e sotto una serie di piccole sculture che sembrerebbero un ammasso stellare. Inoltre, a poca distanza del monte, nei pressi di Caprie in Val di Susa, una lama di pietra guarda uno strapiombo di 150 metri, sovrastata da segni solari. La roccia parrebbe proprio un serpente rozzamente scolpito, simile a quello Algajiola in Corsica o in certe altre silitizzazioni dell’arte Maya.

    E in tutto questo, qualcuno ha notato anche fuochi verdastri fosforescenti che hanno notevolmente acceso la fantasia di molti.
    In realtà, però, potrebbe trattarsi di sostanze di animali in decomposizione o, dell’accensione spontanea di resine sia vegetali che animali all’interno di incisioni molto particolari a forma di coppa chiamate appunto coppelle.
    E allora ci si chiede: perché le antiche popolazioni abitanti quei luoghi avrebbero dovuto accendere o avrebbero permesso l’accensione di fuochi spontanei nella notte, in piccole buche, le coppelle appunto, faticosamente scavate nella roccia? Molto probabilmente, per imitare il cielo e le stelle. Infatti, le coppelle sparse sulla roccia indicano un’intera mappa celeste. Qui è presente tutto l’emisfero boreale, dalla Croce del Nord, o Costellazione del Cigno, alle due Orse, da Boote a Cassiopea, dalle Saette al Triangolo, dalla Colomba alla Cintura di Orione, alle enigmatiche Pleiadi.

     
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