LEGGENDE DI SICILIA

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  1. mafi2
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    La leggenda di Aci e Galatea

    Tale leggenda ha un’origine greca e spiega la ricchezza di sorgenti d’acqua dolce nella zona etnea.

    Aci era un pastorello che viveva lungo i pendii dell’Etna.

    Galatea, che aveva respinto le proposte amorose di Poliremo, lo amava. Poliremo, offeso per il rifiuto della ragazza, uccide il suo rivale nella speranza di conquistare la sua amata.

    Ma Galatea continua ad amare Aci.

    Nereide, grazie all’aiuto degli dèi, trasforma il corpo morto di Aci in sorgenti d’acqua dolce che scivolano lungo i pendii dell’Etna.

    Non lontano dalla costa, vicino l’attuale Capo Molini, esiste una piccola sorgente chiamata dagli abitanti del luogo "il sangue di Aci" per il suo colore rossastro.

    Sempre nei pressi di Capo Molini esisteva un modesto villaggio chiamato, in memoria del pastorello, Aci.

    Nell’undicesimo secolo dopo Cristo un terremoto distrusse il villaggio, provocando l’esodo dei sopravvissuti che fondarono altri centri. In ricordo della loro città d’origine, i profughi vollero chiamare i nuovi centri col nome di Aci al quale fu aggiunto un appellativo per distinguere un villaggio dall’altro. Si spiega così, ad esempio, l’esistenza di Aci Castello (appellativo dovuto alla presenza di un castello costruito su di un faraglione che poi fu distrutto da una colata lavica nell’XI secolo) ed Acitrezza (la cittadina dei tre faraglioni).





    La storia di Scilla

    Scilla, figlia di Crateide, era una ninfa stupenda che si aggirava nelle spiagge di Zancle (Messina) e fece innamorare il dio marino Glauco, metà pesce e metà uomo. Rifiutato dalla ninfa, il dio marino chiede l’aiuto della maga Circe, senza sapere che la maga stessa era innamorata di lui.

    La maga, offesa per il rifiuto del dio marino alla sua corte, decide di vendicarsi preparando una porzione a base di erbe magiche da versare nella sorgente in cui Scilla si bagna usualmente.

    Appena Scilla si immerge, il suo corpo si trasforma e la parte inferiore accoglie sei cani, ciascuno dei quali con una orrenda bocca con denti appuntiti. Tali cani hanno dei colli lunghissimi a forma di serpente con cui possono afferrare gli esseri viventi da divorare.

    A causa di questa trasformazione, Scilla si nasconde in un antro presso lo stretto di Messina. Decide anche di vendicarsi di Circe privando Ulisse dei suoi uomini mentre lui stava attraversando lo stretto. Successivamente ingoia anche le navi di Enea.

    La leggenda vuole che Eracle, attaccato dalla ninfa mentre attraversa l’Italia con il bestiame di Gerione, la uccide, ma il padre della ragazza riesce a richiamarla in vita grazie alle sue arti magiche.

    Il suo nome ricorda “colei che dilania”. Insieme a Cariddi, per i greci impersona le forze distruttrici del mare. Queste due divinità, localizzate tra le due rive dello stretto di Messina, rappresentano i pericoli del mare.


     
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  2. LadyFenner
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    viviamo in una terra davvero magica...altro che terra di mezzo nel signore degli anelli :)
     
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    ma che carina che sei Mafi, Grazie
     
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  4. mafi2
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    è un vero piacere...le ho trovate veramente fantastiche..
     
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  5. fase_lunare
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    Mafi, grazie tantissimo!!!! Che bel regalo che ci hai fatto!!! :abbr: :abbr:


    @ Lady: hai ragione carissima!!! Concordo! :clapclap: OT: E le bolle che dicono??? :(
     
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  6. mafi2
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    Dobbiamo essere orgogliosi delle nostre isole e far di tutto che vengano apprezzate per quello che sono realmente ...incominciando a far conoscere il nostro territorio e far conoscere le nostre culture e tradizioni...
     
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  7. fase_lunare
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    Concordo, Mafi. Ci sono troppi luoghi comuni intorno a queste splendide isole. Una volta, trovandomi all'estero ( a Cipro, esattamente ) ho conosciuto tante persone russe ( lì ci sono tanti immigrati russi o dell'ex unione sovietica ). Ebbene: ogni volta che dicevo ad un russo di essere siciliana tutti avevano la stessa reazione. " Aaaah! Mafia! " ...No comment! :angry:
     
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  8. mafi2
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    Capo Molini
     
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  9. jasper33
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    Voglio contribuire anch'io con questa leggenda catanese...che però ha un riflesso siracusano. Mia madre infatti, mi raccontava che tra i vari spettri che si diceva girassero per il centro storico della città, l'antico isolotto di Ortigia ci fosse anche un cavallo senza testa.....

    LA LEGGENDA DEL CAVALLO SENZA TESTA
    La Catania del 700 ci presenta una leggenda davvero affascinante,quella del cavallo senza testa.Questa leggenda è ambientata nella bellissima Via Crociferi;in questa via i numerosi nobili che vi abitavano nel 700,e che vi tenevano i loro notturni conciliaboli o per intrighi amorosi o per cospirazioni private,e quindi non volevano essere notati,e tanto meno riconosciuti,fecero spargere la voce che di notte vagasse un cavallo senza testa,e perciò nessuno vi si avventurava una volta calate le tenebre.Soltanto un coraggioso giovane scommise con i suoi amici che ci sarebbe andato nel cuore della notte,e come prova di questo, avrebbe piantato un grosso chiodo sotto l’Arco delle monache Benedettine,che la tradizione vuole costruito in una sola notte nel 1704.Gli amici accettarono la scommessa;e l’ardimentoso giovane,munito di scala,del grosso chiodo e del martello,si recò a mezzanotte sotto l’arco delle monache,e vi piantò il chiodo (ancora se ne vede il buco);ma,nell’eccitazione non si accorse di avere attaccato anche un lembo del suo mantello al muro;sicché quando volle scendere dalla scala,si sentì afferrato a una mano invisibile;il giovane cedette allora di essere stato afferrato dal cavallo senza testa,e ci rimase secco.Aveva vinto la scommessa:ma la leggenda del cavallo ebbe una clamorosa conferma,e nessuno si azzardò più di passare di notte per Via Crociferi.

     
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  10. mafi2
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    molto carina...SmileyCentral.com
     
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  11. jasper33
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    ed eccone un'altra tutta siracusana: quella della ninfa Aretusa.

    ARETUSA
    Racconta il mito che Aretusa, figlia di Nereo e di Doride, inseparabile amica della dèa cacciatrice Diana, venne da questa dèa trasformata in una fonte di acqua dolce, che sgorga copiosa lungo la riva baciata dalle acque del porto grande di Siracusa. La metamorfosi fu attuata per sottrarre la timida ninfa alla insistente corte del dio Alfeo; costui, però, quale divinità fluviale, scorrendo sotto le acque del mare Egeo, raggiunse la fonte nella quale era stata trasformata l’amata Aretusa. Raggiunta la fonte, Alfeo sgorgò a non molta distanza da lei, al fine di consentire alle sue acque di raggiungere quelle della fonte Aretusa e quindi mescolarsi con loro. In verità, Alfeo era un piccolo fiume della Grecia che, dopo aver effettuato un breve tragitto in superficie, scompariva sotto terra. Quando i Greci trovarono la piccola sorgiva di acqua dolce fuoriuscire non lungi dalla fonte copiosa di Aretusa, trovarono lo spunto per spiegarsi, fantasiosamente, la scomparsa del fiume Alfeo in Grecia, che sarebbe riapparso in superficie (dopo il lungo viaggio sottomarino) in Sicilia.


    Siracusa: la fonte Aretusa

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  12. mafi2
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    imagemolto carina.sto faccendo conoscenza di una bella città Siracusa è sinceramente è molto bella

    Edited by mafi2 - 27/1/2007, 23:10
     
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    La storia di Colapesce

    Cola o Nicola è di Messina ed è figlio di un pescatore di Punta Faro. Cola ha la grande passione per il mare. Amante anche dei pesci, ributta in mare tutti quelli che il padre pesca in modo da permettere loro di vivere. Maledetto dalla madre esasperata dal suo comportamento, Cola si trasforma in pesce. Il ragazzo, che cambia il suo nome in Colapesce, vive sempre di più in mare e le rare volte che ritorna in terra racconta le meraviglie che vede. Diventa un bravo informatore per i marinai che gli chiedono notizie per evitare le burrasche ed anche un buon corriere visto che riesce a nuotare molto bene. Fu nominato palombaro dal capitano di Messina. La sua fama aumenta di giorno in giorno ed anche il Re di Sicilia Federico II lo vuole conoscere e sperimentarne le capacità. Al loro incontro, il Re getta una coppa d’oro in mare e chiede al ragazzo di riportargliela. Al ritorno Colapesce gli racconta il paesaggio marino che ha visto ed il Re gli regala la coppa. Il Re decide di buttare in mare la sua corona ed il ragazzo impiega due giorni e due notti per trovarla. Al suo ritorno egli racconta al Re d’aver visto che la Sicilia poggia su tre colonne, una solidissima, la seconda danneggiata e la terza scricchiolante a causa di un fuoco magico che non si spegneva. La curiosità del Re aumenta ancora e decide di buttare in acqua un anello per poi chiedere al ragazzo di riportarglielo. Colapesce è titubante, ma decide ugualmente di buttarsi in acqua dicendo alle persone che avessero visto risalire a galla delle lenticchie e l’anello, lui non sarebbe più risalito. Dopo diversi giorni le lenticchie e l’anello che bruciava risalirono a galla ma non il ragazzo, ed il Re capì che il fuoco magico esisteva davvero e che Colapesce era rimasto in fondo al mare per sostenere la colonna corrosa.

     
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    Il ratto di Proserpina
    il clima della Sicilia

    Cerere, sorella di Giove e dea che aveva insegnato agli uomini come coltivare i campi, era la madre della bella Proserpina, amante dei fiori.

    La leggenda mitologica ricorda che un giorno di primavera il Dio Plutone rimase colpito dalla vista della giovane Proserpina, se ne innamora e la rapisce portandosela negli inferi. Plutone era il più odiato fra gli dei, perché il suo regno era quello delle ombre. Proserpina era morta con lui e tutto ciò era avvenuto con il consenso di Giove. Plutone, in onore della sposa, aveva creato la fonte azzurra Ciana.Il ratto fu così improvviso che nessuno seppe informare bene la madre della ragazza, Cerere che per tre giorni e tre notti la cercò ininterrottamente per tre giorni e tre notti. La verità le fu rivelata da Elios, il dio Sole, che le confessò anche il consenso di Giove agli eventi.

    Alla fine, Cerere si adirò e cominciò a far soffrire gli uomini provocando siccità, carestie e pestilenze. Gli uomini, privati dell’aiuto della Madre Terra, chiesero aiuto a Giove. Ma Proserpina aveva gustato il melograno, simbolo d'amore, donatole da Plutone e quindi a tuttii gli effetti sua sposa, e non poteva più tornare definitivamente da sua madre. Giove, commosso dal dolore della sorella, risolse il problema decidendo che Proserpina stesse per otto mesi, da gennaio ad agosto, sulla terra assieme alla madre; e per quattro mesi da settembre a dicembre, sotto terra col marito Plutone, creando così l’alternanza di due stagioni nel clima della Sicilia. La leggenda spiega che Proserpina risalga alla terra in primavera per portare all’isola l’abbondanza e per poi scompare ai primi freddi invernali.

     
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  15. brughiera57
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    :clapclap: Mi ricordi i tempi di scuola....mi interessai molto alla storia di Cerere e Proserpina, mai studiata (oltre l'odissea) una cosa con tanta passione. :)
     
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16 replies since 18/1/2007, 14:24   583 views
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