LEGGENDE DELLA SARDEGNA

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  1. mafi2
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    Nascita della Sardegna

    Millenni fa, agli albori della vita sul nostro pianeta, già esisteva un continente chiamato TIRRENIDE. Era un continente esteso, ricoperto da una natura verde e rigogliosa, popolato di uomini forti ed affascinanti animali. Ma improvvisamente, una notte, per motivi inspiegabili, l’ira di DIO si scagliò su Tirrenide. Il suolo cominciò ad agitarsi, scosso da terribili sussulti; il mare fu sconvolto da una furia terribile. Le onde erano talmente alte che quasi toccavano il cielo e sfortunatamente si abbatterono su Tirrenide in modo rovinoso, scotendo le coste, invadendo le fertili pianure; come se questo non bastasse, si alzarono tanto da arrivare a coprire le ridenti colline, ed ancora di più fino a coprire le più alte vette. Pareva la fine del mondo! Tirrenide stava per inabissarsi del tutto finché DIO improvvisamente placò la sua collera. -Oh terra infelice! A quale sterminio ha portato la mia collera! – esclamò allora DIO pentito. E, poiché una piccola parte di terra emersa emergeva ancora, vi pose sopra un piede e riuscì a trattenerla prima che il mare la inghiottisse completamente.
    Fu così che della grande Tirrenide rimase quell’impronta solitaria in mezzo alla grande distesa d’acqua, da cui dapprima prese il nome di ICHNUSA, che significa appunto “orma di piede” e in seguito SARDEGNA, da SARDUS, eroe Bérbero, venuto dall’Africa. ICHNUSA, nonostante le ridotte dimensioni, aveva mantenuto tutte le caratteristiche del continente scomparso, e le aveva conservate in modo talmente fedele, che i naufraghi scampati ebbero l’impressione di rivedere, in piccolo, la loro Tirrenide, quando riuscirono a trovare la salvezza nelle sue sponde.
    Il ricordo della terrificante sciagura, però, aveva impresso nel loro cuore un’orma indelebile: un’orma di malinconia profonda, che passò ai loro figli, e che, trasmessa di generazione in generazione, perdura tuttora nel cuore dei Sardi. Oggi noi dopo tanti millenni, troviamo ancora quella malinconia: - la ritroviamo nell’accorata ninna nanna di una madre, nel desolato canto di un pastore, nelle struggenti nenie di un rito funebre; - la ritroviamo nelle gravi movenze di una danza, e nell’intensità solenne di una festa; - la ritroviamo nel misterioso patrimonio degli usi e costumi, delle tradizioni e delle leggende;
    - la ritroviamo, insomma, un po’ in tutto ciò che rispecchia l’antichissima anima di questo popolo: un’anima che può apparire ruvida e ombrosa, ma che si manifesta, invece, gentile e appassionata a chi sa avvicinarla e comprenderla.




     
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  2. CreaturaMeravigliosa
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    Che bella questa storia! Non la conoscevo.
    :clapclap: :grassie:
     
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  3. mafi2
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  4. fase_lunare
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    Che bella storia!!! Grazie Mafi per aiutarci a conoscere di più la tua isola. :clapclap:
     
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  5. mafi2
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    COME AVETE VISTO NE SONO INNAMORATA ..A ME FA VERAMENTE PIACERE PARLARE DELLA MIA ISOLA
     
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  6. brughiera57
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    Che bella storia Mafi, peccato che non conosco la Sardegna, non ci sono mai stata.

    :clapclap:
     
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  7. mafi2
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    La leggenda del golfo degli Angeli



    Gli Angeli, nei tempi lontani, chiesero a Dio un dono. Dio rispose che avrebbe dato loro in dono una terra dove gli uomini si amavano, si rispettavano, vivevano felici. " So che esiste questa terra; cercatela, trovatela e sarà vostra " aveva detto loro.

    Gli Angeli obbedirono; scesero dal cielo e si sparsero sulla Terra. Ma ovunque trovarono cattiverie, guerre odi. Stavano per ritornare, tristi, da Dio Padre, quando il loro sguardo cadde su una grande isola verde circondata da un mare tranquillo. Gli Angeli si avvicinarono rapidamente: non rumore di guerre e di distruzioni, non colonne di fumo si alzavano dalle colline fonte ove brucavano grandi greggi. E gli uomini aravano i campi non chiusi da segni di proprietà. Quei primi abitatori della Sardegna, ignari delle ricchezze della loro terra, discendenti da eroi che avevano fuggito la tirannide e 1' ingiustizia, trascorrevano la loro vita in semplicità, contenti della pace e della bellezza dei luoghi.

    Gli Angeli salirono felici in Cielo. Riferirono al Signore ciò che avevano visto . -e Iddio mantenne la promessa. Gli Angeli, quindi, ridiscesero ancora sull'isola, e rimasero specialmente incantati davanti al grande golfo che si apriva, come un immenso fiore turchese, all'estremo limite meridionale della loro terra. Decisero, dunque. di stabilirsi lì: in quell'arco di mare così azzurro e bello che ricordava il Paradiso. Presto, però, Lucifero, invidioso di quegli Angeli felici, cercò di seminare, fra di essi, lotte e discordie, e siccome non vi riuscì tento di scacciare gli Angeli da quel loro secondo Paradiso. Lottarono a lungo le forze del Bene e quelle del Male sulle scatenate acque del golfo. Ed ecco che alla fine, tra il lampeggiare delle folgori del demonio si levò in alto la spada scintillante dell'Arcangelo Gabriele.

    Fu il segno decisivo della vittoria Lucifero stesso fu sbalzato dal suo cavallo nero, dalle narici di fuoco. Allora prese la sella e, in un impeto di collera violenta, la lanciò nel Golfo, formando un promontorio che poi venne chiamato " La Sella del Diavolo ". Sotto di esso, trovarono dapprima rifugio le pacifiche navi fenicie, poi quelle di guerra dei Cartaginesi. Poi quelle dei Romani, dei Vandali e dei Bizantini. In seguito quelle dei Pisani, dei Genovesi e degli Spagnoli. Ed infine, quelle degli Inglesi, dei Francesi e degli Americani. Così, oggi, gli Angeli se ne sono andati dal loro golfo incantato e lo guardano dall'alto, discendendovi, talvolta, lievi e silenziosi, all'oll'ora del tramonto, quando il cielo si colora d'oro e di porpora

     
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  8. mafi2
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    JANAS
    le piccole fate delle rocce


    Sono descritte come una specie di piccolissime fate che vivevano in buchi scavati nelle rocce (le cosiddette domus de janas).
    Uscivano solo di notte, affinché i raggi del sole non rovinassero la loro candida pelle.
    Quando, nelle notti senza luna, si spostavano per andare a pregare presso i templi nuragici, erano costrette a percorrere sentieri ripidi e ricoperti di rovi.
    Per evitare le spine, le janas diventavano luminose: questo chiarore segnalava la loro presenza.
    Erano specializzate in ogni tipo di lavoro domestico: tessevano splendide stoffe e preparavano un pane più leggero dell'ostia.
    Secondo la leggenda, possedevano telai d'oro, setacci per la farina fatti d'argento. Ma non solo: esse custodivano un immenso tesoro, fatto di oro, perle, diamanti.
    A difesa di queste ricchezze erano poste le cosiddette muscas maceddas, orribili creature con testa di pecora, un occhio solo al centro della fronte, denti aguzzi, ali corte e, sulla coda, un pungiglione velenoso.
    Le muscas si trovavano nascoste dentro una cassa, mischiata a tante altre contenenti il tesoro.
    Poiché nessuno osava rischiare di aprire la cassa sbagliata, liberando così i terribili insetti, il tesoro da sempre era e rimaneva di proprietà delle janas.
    Le janas accompagnavano il loro lavoro con un bellissimo canto: la melodia si spandeva nell'aria e nelle notti silenziose dava conforto ai viandanti solitari.
    Le tombe preistoriche, scavate nella roccia 5-6000 snni fa, diffusissime in Sardegna, sono chiamate domus de janas (case delle janas)
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    Edited by mafi2 - 20/1/2007, 21:16
     
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  9. mafi2
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    IL FUOCO DEGLI UOMINI



    Col suo porchetto e col suo bastone di férula, Sant' Antonio si presentò, dunque, alla porta dell'inferno e bussò: - Apritemi! Ho freddo e mi voglio riscaldare. I diavoli alla porta videro subito che quello non era un peccatore, ma un Santo e dissero: - No. no! T'abbiamo riconosciuto! Non ti apriamo. Se vuoi lasciamo entrare il porchetto, ma te no.

    E così il porchetto entrò. Cari miei, appena dentro si mise a scorrazzare con una tale furia da mettere lo scompiglio ovunque, tanto che i diavoli, ad un certo punto, non ne poterono proprio più. Finirono perciò per rivolgersi al Santo, che era rimasto fuori dalla porta. - Quel tuo porco maledetto ci mette tutto in disordine! Vientelo a riprendere. Sant'Antonio entrò nell' inferno, toccò il porchetto col suo bastone e quello se ne stette subito quieto. - Visto che ci sono, - disse Sant'Antonio, - mi siedo un momento per scaldarmi. E si sedette su un sacco di sughero, proprio sul passaggio dei diavoli. Infatti, ogni tanto, davanti a lui passava un diavolo di corsa.

    E Sant'Antonio,col suo bastone di fèrula, giù una legnata sulla schiena! Ad un certo punto i diavoli, arrabbiati, esclamarono: - Questi scherzi non ci piacciono. Adesso ti bruciamo il bastone. Infatti lo presero e ne fìccarono la punta tra le fiamme. Il porco, in quel momento, ricominciò a buttare all'aria tutto: cataste di legna, uncini, torce e tridenti. E i diavoli avevano un bel da fare a mettere a posto. Non ci riuscivano e non riuscivano neppure ad acchiappare quel.., diavolo di porchetto. - Se volete che lo faccia star buono, - disse Sant'Antonio, - dovete ridarmi il mio bastone. Glielo diedero ed il porchetto stette subito buono. Ma il bastone era di fèrula ed il legno di fèrula ha il midollo spugnoso. Se una scintilla entra nel midollo questo continua a bruciare di nascosto, senza che di fuori si veda. Così i diavoli non s'accorsero che Sant'Antonio aveva il fuoco nel bastone. Il Santo col suo bastone se ne uscì ed i diavoli tirarono un sospiro di sollievo. Appena fu fuori, Sant'Antonio alzò il bastone con la punta infuocata e la girò intorno, facendo volare le scintille, come dando la benedizione. E cantò: - Fuoco, fuoco, per ogni loco; per tutto il mondo fuoco giocondo!

    Da quel momento, con grande contentezza degli uomini, ci fu il fuoco sulla Terra e Sant'Antonio tornò nel suo deserto a pregare.




     
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8 replies since 28/12/2006, 14:06   308 views
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